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L’articolo 1138 del Codice civile prevede l’obbligatorietà del regolamento di condominio quando il numero dei condòmini è superiore a 10

Con il regolamento condominiale si disciplinano i rapporti interni in ordine alla ripartizione delle spese, all’uso delle cose comuni ed alla erogazione dei servizi.

Il regolamento condominiale può essere CONTRATTUALE

  1. se redatto dal costruttore e richiamato negli atti di compravendita delle singole unità immobiliari, di modo che, gli acquirenti, unitamente all’atto di compravendita, accettino le norme del regolamento;
  2. se approvato all’unanimità.

Quando il regolamento condominiale è CONTRATTUALE, questo può porre dei limiti, oltre che alle aree condominiali, anche alle singole unità immobiliari private, nonchè derogare alle norme del Codice Civile in materia condominiale. In merito alla limitazione della proprietà privata, ad esempio, può regolamentarsi il divieto di svolgere determinate attività commerciali, come scuola da ballo, ovvero il divieto di cambio di destinazione d’uso.

In caso contrario, ossia nel caso di un regolamento NON CONTRATTUALE, in quanto approvato in sede assembleare “a maggioranza degli intervenuti“, i vincoli alla proprietà privata non possono essere posti.

Per vincolare i futuri acquirenti ai divieti posti dal regolamento condominiale, questi dovranno essere trascritti nei pubblici registri immobiliari oppure, le norme limitative alla proprietà privata dovranno essere esplicitamente allegate o richiamate nei successivi atti di compravendita, di modo che, il nuovo proprietario, ne sia messo a conoscenza e, di guisa, accetti tacitamente, il regolamento condominiale, in toto.

Se il regolamento è assembleare e le modifiche non comportano vincoli o limiti all’uso delle proprietà esclusive o comuni, esso può essere modificato dall’assemblea stessa, in apposita convocazione, a maggioranza dei presenti (50%+1) che rappresentino almeno metà dei millesimi dell’edificio (500/1.000); al contrario se il regolamento è CONTRATTUALE, la modifica può effettuarsi solo con l’unanimità.

In sede assembleare, si possono deliberare “sanzioni” in danno dei trasgressori del regolamento, a condizione che, sia prevista la loro irrogazione nello stesso regolamento.  Gli importi delle “sanzioni” possono raggiungere i 200 euro ed in caso di recidiva raggiungere gli 800 euro.

Ove il regolamento condominiale non preveda l’irrogazione di “sanzioni”, lo stesse potrà essere integrato a mezzo delibera assembleare  con votazione  presa a maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà dei millesimi.

Le “multe” condominiali

L’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile dispone che, le multe condominiali si applicano nei casi di “infrazioni al regolamento di condominio“, ove, il regolamento lo preveda.

Questa viene comminata dal condominio in sede assembleare. L’ articolo 70 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, infatti, stabilisce che: “L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice civile», ossia con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, espressa secondo le consuete tabelle millesimali in vigore.”

L’amministratore non può irrigare direttamente la sanzione, salvo non lo disponga il regolamento di condominio, egli, potrà agire coattivamente per il recupero della somma richiesta a titolo di sanzione, , ai sensi dell’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile.

La delibera assembleare che commina la sanzione, prevederà il pagamento di una somma che può arrivare sino a € 200,00 e se la violazione è reiterata, sino a € 800,00. Le somme incassate a titolo di sanzione per la violazione del regolamento condominiale, confluiranno in un fondo da utilizzarsi per le spese ordinarie. Detta delibera è soggetta ad impugnazione nei termini di legge.